Occupata la sede produttiva della Leonardo di Roma. Striscione appeso sull’ingresso: Leonardo complice di genocidio

29 Apr 2025 - Extinction Rebellion Italia
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Roma, 29/04/2025 - Un centinaio di attivisti di Extinction Rebellion hanno occupato l’entrata principale dello stabilimento della Leonardo spa di via Tiburtina mentre altri sono saliti sulle colonne del cancello, appendendo uno striscione “Leonardo: complice di un genocidio”. All’esterno un die-in rosso sangue per sottolineare la responsabilità di Leonardo e del Governo italiano nel genocidio palestinese.

Questa mattina un centinaio di persone hanno occupato con Extinction Rebellion l’entrata principale della sede produttiva di Leonardo spa, in via Tiburtina, a Roma, incatenandosi ai cancelli, mentre altre sono salite sulle colonne appendendo uno striscione “Leonardo: complice di un genocidio”. Le persone presenti hanno dato vita ad un presidio musicale ed esposto uno striscione recante la scritta “Partigiane per il clima e non per le vostre guerre”. Si è svolto anche un die-in, con diverse persone stese a terra su cui è stata versata vernice rosso sangue, mentre altre si sono incatenate indossando keffiah in solidarietà al popolo palestinese, accompagnate da un secondo striscione “Sabotare la guerra non è reato”. Nel quinto giorno della Primavera Rumorosa, la settimana lanciata da Extinction Rebellion a Roma dal 25 aprile al 1 maggio, il movimento per la giustizia climatica denuncia gli investimenti pubblici nel settore della difesa e il coinvolgimento del Governo Italiano e della Leonardo nel genocidio in corso in Palestina.

Polizia e Digos sono intervenute dopo pochi minuti, avviando uno sgombero delle persone sedute con modalità violente e aggressive. Come già successo ieri davanti all’Aeronautica Militare, per costringere le persone sdraiate a spostarsi gli agenti hanno usato la cosiddetta “presa del dolore”, piegando i polsi delle persone che si lasciano sollevare pacificamente, come forma di resistenza passiva nonviolenta.

“Il Governo Italiano e la Leonardo hanno le mani sporche di sangue” dichiara Francesco, una delle persone presenti, indicando le persone sdraiate e coperte di rosso. “È il sangue della popolazione civile palestinese, bombardata quotidianamente anche da armamenti italiani. Ed è il sangue delle generazioni future, che pagheranno le scelte scellerate e guerrafondaie di oggi, quando avremmo bisogno più che mai di puntare tutto sulla transizione ecologica. Come può un paese democratico, la cui costituzione ripudia la guerra, essere complice di crimini di guerra e di un’occupazione che viola spudoratamente le più basilari leggi del diritto internazionale?”.

L’Italia è infatti il terzo fornitore mondiale di armi ad Israele, con una vendita di armi per 13,7 milioni di euro nel 2023. La stessa Leonardo, partecipata italiana, è tra le principali aziende nel commercio di armamenti con l’esercito israeliano, che sono continuati anche dopo il 7 ottobre 2023 e che hanno fatto chiudere quell’anno con il +3,9% di ricavi rispetto al precedente. Una crescita che ha visto negli ultimi mesi un’ulteriore impennata, complici i crescenti investimenti nel settore della difesa a livello italiano, europeo e mondiale. Il 2025 vedrà infatti il record di spese militari per l’Italia, che per la prima volta supereranno la quota complessiva di 30 miliardi l’anno. Un aumento di spesa che si inserisce nel recente piano europeo ReArm Europe, il quale consente ai paesi membri di incrementare il debito pubblico per spese destinate al settore della difesa in deroga al patto di stabilità.

“Improvvisamente si sono trovati i miliardi necessari per finanziare l’industria bellica, soldi pubblici sottratti alla transizione ecologica, alla sanità, all’istruzione. Investimenti che hanno raggiunto livelli folli, se pensiamo che vengono pure annoverati come sostenibili” aggiunge Maria, un’altra delle persone sul posto, in riferimento alla possibilità di includere titoli legati all’industria bellica nei fondi europei sostenibili, gli ESG, nonostante l’Industria bellica contribuisca ad almeno il 5,5% delle emissioni globali, alla distruzione di ecosistemi e perdita di biodiversità, alimentando direttamente la crisi climatica ed ecologica.

“La difesa promossa da queste politiche non è altro che difesa di interessi di pochi privati nel settore bellico e fossile, e dello status quo basato sull’ingiustizia che questi settori alimentano. Ma quello che dobbiamo difendere sono i diritti democratici, i popoli oppressi, le persone marginalizzate e una Terra che sta diventando sempre più invivibile” conclude Extinction Rebellion.

Extinction Rebellion

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