L'EMERGENZA

Perché esiste Extinction Rebellion?

Stiamo vivendo una crisi ambientale che minaccia il futuro dell’umanità e di moltissime altre specie. Una serie di eventi concatenati e senza precedenti nella storia dell’umanità e del pianeta mette in pericolo la vita sulla Terra per come la conosciamo.

Le attività umane sono la principale causa di questa crisi. Moltissime specie si sono già estinte. Degli 8 milioni di specie vegetali e animali conosciute, 1 milione è a rischio di estinzione nei prossimi decenni a causa della modifica o della distruzione dei loro habitat, del cambiamento climatico, del bracconaggio, della pesca intensiva e dell’inquinamento.

Il cambiamento climatico già in corso sta causando un aumento della temperatura media del pianeta, portando con sé problematiche che si acuiranno negli anni a venire:

  • un aumento della frequenza di eventi metereologici estremi, una minaccia reale per le persone e i manufatti antropici;
  • uno spostamento delle fasce climatiche che influirà negativamente sulla biodiversità e su molte attività umane, in particolare sull’agricoltura;
  • l’innalzamento del livello medio dei mari, che porterà all’abbandono di molte aree costiere.

Fenomeni come questi costituiranno una seria minaccia per la nostra sicurezza alimentare. Molte aree del pianeta diverranno inabitabili o inutilizzabili, producendo così un ulteriore intensificarsi dei flussi migratori.

L’aria, l’acqua e la terra sono inquinate. Nonostante si conoscano gli effetti sulla salute umana (e non solo) di molte sostanze che vengono immesse nell’ambiente da molte attività antropiche, le azioni intraprese per limitare la presenza di questi inquinanti o per ridurre queste attività sono inesistenti o insufficienti. Molte sostanze inquinanti che si trovano nell’ambiente in cui viviamo, nel cibo di cui ci nutriamo o nell’acqua che beviamo sono tossiche, cancerogene o interferiscono con il normale sviluppo o con la normale attività ormonale, causando importanti problemi di salute pubblica.

In molte aree del pianeta il territorio è sfruttato, cementificato e devastato, per mano dell’uomo e dalla sua visione cieca, che antepone il profitto alla salvaguardia dello spazio in cui vive, della sua ricchezza di biodiversità e di paesaggio, che, oltre ad avere un valore di per sé, fornisce all’umanità il suo fondamentale sostentamento.”

Qui di seguito, un breve riassunto di cosa la scienza più recente ci sta dicendo.

Crisi climatica

Allarmi

Nel 1992, 1700 scienziati in seno alla Union of Concerned Scientists, tra cui la metà dei laureati premi Nobel all’epoca viventi, firmarono «L’Allarme degli Scienziati per l’Umanità». In questo documento si invitava il genere umano ad arrestare la distruzione ambientale, avvertendo della necessità di «un grande cambiamento nella gestione delle risorse preseni sul nostro pianeta e nei nostri stili di vita per evitare la catastrofe». veniva sottolineato come gli esseri umani fossero in una rotta di collisione con il mondo naturale che solo cambiamenti radicali potrebbero deviare.

Gli autori della dichiarazione del 1992 temevano che l’umanità stesse spingendo i limiti degli ecosistemi terrestri oltre le loro capacità di supportare la rete della vita. Descrissero quanto velocemente ci stessimo avvicinando a molti dei limiti di ciò che la biosfera può tollerare senza subire danni sostanziali ed irreversibili. Implorarono che le emissioni di gas serra fossero abbattute e che, gradualmente, l’uso dei combustibili fossili fosse eliminato, che riducessimo la deforestazione, e invertissimo il trend del collasso della biodiversità.

Nel 2017, all’umanità è stato dato un secondo avvertimento. Oltre 15 mila scienziati firmarono una nuova lettera, scritta ancora più urgentemente, che avvertiva che «Per prevenire enormi sofferenze per l’uomo e una catastrofica perdita della biodiversità, l’umanità deve trovare al più presto un’alternativa allo status quo che sia più sostenibile per l’ambiente». Questa prescrizione fu ben articolata dagli scienziati più influenti del mondo 25 anni fa, ma non abbiamo dato ascolto ai loro avvertimenti.

Presto sarà troppo tardi per deviare dalla nostra traiettoria fallimentare, e il tempo sta finendo.

Dobbiamo riconoscere, nelle nostre vite quotidiane e nelle nostre istituzioni governative, che la Terra, con tutta la sua vita, è la nostra unica casa.

La nostra casa va a fuoco

Più del 50% del diossido di carbonio che l’uomo ha immesso in atmosfera tramite l’uso di comustibili fossili è stato aggiunto negli ultimi 25 anni (da quando l’IPCC è stato fondato).

Le attività umane hanno causato un’aumento di temperatura media del pianeta di circa 1,1°C dalla fine del diciannovesimo secolo. La maggior parte di questo riscaldamento è avvenuta negli ultimi 35 anni.

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Globalmente, gli ultimi quattro anni sono stati i più caldi mai registrati, mentre i 20 anni più caldi sono avvenuti negli ultimi 22.

Man mano che le temperature globali salgono, notiamo un aumento degli eventi atmosferici estremi, come ondate di calore e siccità. Ad esempio, gli scienziati dell’ufficio del Met del Regno Unito hanno esaminato l’ondata di calore estrema che colpì l’Europa nell’estate del 2003 (e che causò la morte di 70000 persone) e hanno concluso che «È molto probabile che(…) l’influenza dell’uomo abbia perlomeno raddoppiato il rischio del verificarsi di un’ondata di calore superiore alla soglia di emergenza.» Se continuiamo a bruciare combustibili fossili, entro il 2040 un’ondata di calore tanto estrema diverrà un’estate normale per l’Europa, e quasi ogni estate sarà più calda di quella precedente entro il 2060!

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I calcoli mostrano che, globalmente, il verificarsi di temperature record diventi molto più probabile a causa del riscaldamento causato dall’uomo. Ad esempio in Siria nel 2010, in Corea nel 2013, in California nel 2014 e nel Regno Unito nel 2018.

Uno studio del 2018 mostra come le ondate di calore mortali possano ridurre l’abitabilità di una delle regioni più popolose del mondo, la Cina, concludendo che continuare a bruciare combustibili fossili condurrà inevitabilmente al verificarsi di ondate di calore estremo che eccederebbero «il limite che i contadini cinesi possono tollerare durante il lavoro all’aperto.»

Il cambiamento climatico durante la tua vita:

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Crisi ecologica

Estinzione di massa

L’annientamento biologico della vita selvatica di questi decenni è segno che la Sesta Estinzione di Massa nella storia della Terra è ormai in corso.

Dal report del 2016 sullo Stato della Natura nel Regno Unito, ad esempio, emerge che un paese anglosassone tra i più impoveriti al mondo per quanto riguarda lo stato di salute della natura. Nelle campagne, un mammifero su cinque rischia di scomparire, con popolazioni di ricci e arvicole acquatiche in declino di quasi il 70% solo negli ultimi 20 anni. Mentre un altro studio del British Trust for Ornithology ha scoperto che più di un quarto delle specie di uccelli britanniche sono minacciate, incluso il puffin (Fratercula), l’usignolo e il chiurlo. In Unione Europea, il numero di uccelli presenti sui terreni agricoli è calato del 55% solo negli ultimi trent’anni!

Globalmente, le specie si stanno estinguendo a un tasso più di 1000 volte maggiore rispetto al tasso di estinzione normale dell’Europa del passato. Cause dirette della perdita di biodiversità sono i cambiamenti dell’habitat, il sovrasfruttamento, l’introduzione di specie invasive, l’inquinamento da carico di nutrienti e il cambiamento climatico.

Il tasso di perdita delle specie di vertebrati durante lo scorso secolo è di 100 volte più alto rispetto al tasso normale. Il numero totale di specie di vertebrati che si sono estinti nell’ultimo secolo sarebbe scomparso in 800-10000 anni seguendo il normale tasso di estinzione.

L’ultimo Living Planet Index mostra un declino medio del 60% nel numero di esemplari nelle popolazioni di centinaia di specie di vertebrati nel mondo tra il 1970 e il 2014.

Più di un quarto delle specie esaminate (circa centomila) sono minacciate di estinzione. Si tratta del 40% di tutti gli anfibi, del 25% di tutti i mammiferi, del 14% di tutti gli uccelli, del 33% dei coralli delle barriere, del 31% degli squali e delle razze.

Le barriere coralline stanno soffrendo di morie di massa per stress da calore. Questi eventi stanno diventando molto più frequenti, con le morie consecutive a quella della Grande Barriera Corallina in Australia nel 2016 e 2017. Le previsioni dicono che già con un aumento di temperatura di 2°C si presenteranno queste ondate di calore su base annuale. «Tra 20 anni, ogni estate sarà troppo calda per i coralli: spariranno come membri dominanti dei sistemi di barriera tropicali entro il 2040-205.» – Prof. Ove Hoegh-Guldberg, direttore del Global Change Institute alla University of Queensland.

La moria degli insetti

La catastrofica riduzione delle popolazioni globali di insetti ha profonde conseguenze per le catene alimentari ecologiche e per l’impollinazione delle coltivazioni.

C’è un’evidente prova scientifica del fatto che, in molte zone del mondo, molte popolazioni di insetti sono seriamente minacciate. I fattori di stress sono molteplici e includono la perdita degli habitat, gli inquinanti chimici ad uso agricolo, le specie invasive e il cambiamento climatico. Uno studio che ha monitorato per 27 anni le popolazioni di insetti in Germania ha rilevato un drammatico declino pari al 76% della biomassa degli insetti volanti, mentre un recente studio olandese ha scoperto che il numero di farfalle è calato di più dell’80% negli ultimi 130 anni. Gli autori hanno concluso che «l’agricoltura industriale, semplicemente, non sta lasciando particamente alcuno spazio alla natura.»

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Le conseguenze

Insicurezza alimentare

Una delle più rilevanti riviste scientifiche al mondo, il Lancet, ha evidenziato in un’importante analisi come il cambiamento climatico rappresenti «la più grande minaccia alla salute globale del ventunesimo secolo», sia a causa dell’impatto diretto degli eventi atmosferici estremi, sia per il danno indiretto ai sistemi ecologici e sociali che ci sostengono.

Eventi acquatici estremi più frequenti e più gravi, incluse siccità e alluvioni, impattano sulla produzione agricola, mentre l’aumento delle temperature si converte in un aumento della domanda di acqua per le coltivazioni.

«Abbiamo già osservato gli impatti del cambiamento climatico sull’agricoltura e stimato la nostra soglia di adattamento al cambiamento climatico e non sarà possibile adattarci completamente già a 2°C. A 4°C, le conseguenze sarebbero troppo gravi e non possiamo adattarci ad esse in alcun modo» – Dr. Rachel Warren, University of East Anglia.

Il numero di eventi estremi legati al clima, incluse ondate di calore, siccità, alluvioni e tempeste, è raddoppiato dai primi anni Novanta, con una media di 213 eventi ogni anno durante il periodo 1990-2016. Essi danneggiano la produttività agricola, contribuendo a carenze nella disponibilità di cibo, con effetti a catena che causano picchi nei prezzi degli alimenti e perdita di guadagno che riducono l’accesso al cibo delle persone.

Il numero di persone in 51 paesi e territori che sono di fronte a livelli critici di acuta insicurezza alimentare, richiedenti immediate azioni d’emergenza è:

  • 2015: 80 milioni di persone
  • 2016: 108 milioni di persone
  • 2017: 124 milioni di persone

Il rischio che un clima estremo possa colpire contemporaneamente diverse regioni del mondo produttrici di grandi quantità di cibo potrebbe triplicare entro il 2040 (da un evento ogni 100 anni ad un evento ogni 30).

Uno studio recente ha esaminato l’impatto dei cambiamenti climatici sulla produzione di cibo per i primi quattro paesi esportatori di mais, che al momento rappresentano più dell’85% delle esportazioni globali, ed ha scoperto che «la probabilità che essi subiscano perdite produttive simultanee di più del 10% ogni anno è al momento praticamente nulla, ma aumenta del 7% a 2°C di riscaldamento globale e dell’86% in caso di 4°C.»

Acqua: siccità e carenza

Il prelievo di acqua è cresciuto di quasi il doppio del tasso di crescita della popolazione nel ventesimo secolo.

Il ciclo dell’acqua del pianeta si sta intensificando a causa del cambiamento climatico, con le regioni più umide che diventano generalmente più umide e quelle più secche che diventano ancora più asciutte. Un rapporto delle Nazioni Unite rivela che, al momento, si stima che 3,6 miliardi di persone (quasi metà della popolazione mondiale) viva in aree potenzialmente carenti d’acqua per almeno un mese all’anno, e questa popolazione potrebbe aumentare a circa 4.8-5.7 miliardi entro il 2050.

Le temperature in aumento causeranno lo scioglimento di almeno un terzo dei ghiacciai Himalayani entro la fine del secolo, anche se limiteremo l’aumento a 1,5°C. Lo scioglimento di ghiacciai nelle Ande e nell’Himalaya minaccia l’approvvigionamento di acqua di centinaia di milioni di persone che vivono a valle.

Una grave siccità a Città del Capo nel 2018 ha portato alla messa in atto di drastici razionamenti. La città è arrivata a solo pochi giorni dalla chiusura della fornitura di acqua, il cosiddetto «Giorno Zero». Gli studiosi del clima hanno calcolato che il cambiamento climatico ha già prodotto un aumento della probabilità di manifestarsi di siccità di questa gravità, da una volta ogni 300 anni a un evento simile ogni cento. A 2°C di riscaldamento globale, una siccità di questa portata accadrà all’incirca una volta ogni 33 anni.

L'aumento del livello dei mari

Il livello dei mari sta salendo rapidamente negli ultimi decenni. Il fenomeno è causato principalmente da due fattori legati al cambiamento climatico: l’acqua aggiunta dallo scioglimento delle coperture di ghiaccio e dei ghiacciai e l’espansione dell’acqua marina mentre si scalda. L’aumento del livello dei mari causerà inondazioni di terre basse, isole e città costiere nel mondo.

Man mano che il livello del mare diventa più alto nel corso dei prossimi 15-30 anni, ci si aspetta che le inondazioni dovute alle maree diventino molto più frequenti, causando gravi problemi alle comunità costiere e persino renderendo alcune aree instabili, il tutto all’interno del lasso di tempo di un normale mutuo sulla casa.

Un riscaldamento di 2°C minaccerebbe di inondare zone ora occupate da 130 milioni di persone, mentre un aumento di 4°C potrebbe causare un aumento del livello del mare sufficiente a sommergere zone del mondo dove ora vivono da 470 a 760 milioni di persone.

La copertura di ghiaccio terrestre nell’Antartico e in Groenlandia sta perdendo massa inesorabilmente, stando ai dati satellitari NASA. Non solo, gli strati di ghiaccio hanno visto una rapida accelerazione nella perdita di massa ghiacciata. Oggi, l’Antartico perde sei volte più massa di ghiaccio all’anno rispetto a 40 anni fa.

Nel 2014 un team della NASA ha scoperto che parte dello strato di ghiaccio dell’Antartico occidentale ha già iniziato a subire ciò che è descritto come un collasso «inarrestabile», che causerà almeno un metro di aumento del livello del mare. Se continueremo a riscaldare l’atmosfera, causeremo il collasso di più settori delle coperture di ghiaccio terrestre.

«Il livello del mare sta salendo molto più velocemente e la copertura di ghiaccio marino nell’Artico si sta ritirando più rapidamente di quanto previsto. Purtroppo, i dati ci stanno mostrando quanto abbiamo sottovalutato la crisi climatica in passato.» Stefan Rahmstorf, professore di Fisica degli Oceani.

L'acidificazione degli oceani

Gli oceani sono già diventati più acidi del 30%, man mano che il diossido di carbonio derivante dalla combustione di fonti fossili ne viene assorbito, alterando la chimica dell’acqua di mare. Secondo la nostra attuale traiettoria di emissioni, nel 2100 la diminuzione del pH dell’oceano sarà pari ad un aumento dell’acidità del 150%! Ciò avrà teribili conseguenze sulla vita marina, dai crostacei a tutte quelle specie animali che dipendono dalle barriere coralline, a causa della scomparsa dei minerali che queste usano per far crescere le proprie strutture. Le condizioni oceaniche diverrano diverse da tutto ciò che gli ecosistemi marini hanno mai visto negli ultimi 14 milioni di anni.

L’acidificazione attuale dell’oceano sta avvenendo approssimativamente dieci volte più velocemente rispetto a qualsiasi periodo negli ultimi 300 milioni di anni, mettendo in pericolo la possibilità dei sistemi oceanici di adattarsi.

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Ghiaccio marino

Il ghiaccio artico sta ora diminuendo ad un tasso del 12.8% per decennio.

Si prevede che il ghiaccio artico estivo scomparirà quasi completamente entro la metà di questo secolo.

«Secondo alcuni studiosi, potremmo perdere la copertura di ghiaccio marino addirittura nel 2030, molto prima di quanto simulato finora da qualsiasi modello climatico.» - Prof. Mark Serreze, direttore del National Snow and Ice Data Centre.

Gli scienziati stanno ora investigando sui collegamenti tra i drammatici cambiamenti che abbiamo visto nella regione Artica e i cambiamenti nelle correnti atmosferiche a getto, le quali impattano sempre di più sugli eventi atmosferici estremi che avvengono a latitudini inferiori.

Inquinamento

Si stima che sommando tutte le forme di inquinamento, queste siano state responsabili, nel 2015, di 9 milioni di decessi prematuri - il 16% di tutti i decessi nel mondo. L’inquinamento è la più importante causa ambientale di malattia e morte prematura.

Mentre il pianeta diventa sempre più caldo e affollato, i nostri motori continuano a pompare emissioni sporche, e metà del mondo non ha accesso ad energie e tecnologie pulite. La stessa aria che respiriamo sta diventando pericolosamente inquinata: nove persone su dieci respirano aria inquinata, e questa da sola uccida 7 milioni di persone ogni anno. (Inquinamento dell’aria ambientale: 4,2 milioni di morti; inquinamento dell’ambiente domestico: 2,8 milioni.)

I nitrati di provenienza agricola sono ora il contaminante chimico più comune nelle falde acquifere del mondo. Questi inquinanti possono danneggiare drammaticamente gli ecosistemi acquatici attraverso, ad esempio, l’eutrofizzazione causata dall’accumulo di nutrienti nei laghi e nelle acque costiere, che impatta sulla biodiversità e sulle zone di pesca. Le zone morte oceaniche, cioè zone con pochissimo ossigeno, sono quadruplicate in dimensioni dal 1950, soffocando gli organismi che vivono in quelle aree.

Stiamo perdendo il nostro suolo

Più del 95% di ciò che mangiamo viene dal suolo. Ci vogliono circa 500 anni per formare 2,5cm di suolo fertile nelle normali condizioni agricole.

L’erosione e il degrado del suolo sono aumentati drammaticamente a causa delle attività umane di deforestazione per l’agricoltura, del sovrasfruttamento dei pascoli e dell’uso di prodotti chimici in agricoltura.

Il 50% del suolo fertile è andato perduto negli ultimi 150 anni, causando un aumento dell’inquinamento, delle inondazioni e della desertificazione. La stessa desertificazione oggigiorno affligge più di 2,7 miliardi di persone.

Entro il 2050, si prevede che il degrado del suolo ed il cambiamento climatico insieme ridurranno la produttività dei campi in media del 10% globalmente e fino al 50% in alcune regioni. I lombrichi non possono compensare la perdita di suolo perchè anch’essi sono in diminuzione dell’80% a causa dell’agricoltura chimica intensiva. Molte specie di lombrichi si sono estinti e molti altri stanno probabilmente seguendo la stessa strada.